Speranza per i casi disperati!
Negli ultimi 20 anni il Dr. Pierpaolo Cortellini ha dimostrato che se un dente è un “caso disperato” è tutt’altro che senza speranza. Abbiamo discusso dei risultati a lungo termine, dell’efficienza dei costi e delle ragionevoli aspettative e convinzioni.
Dr. Cortellini, lei ha salvato tanti cosiddetti “casi disperati” nella sua carriera. L’espressione “dente senza speranza” significa ancora qualcosa per lei?
Dr. Cortellini (sorride): L’essere “senza speranza” dipende non solo dalla condizione in sé, ma anche dal trattamento che siamo in grado di fornire. Quindi, i denti che qualche anno fa avremmo definito “senza speranza” non lo sono più. Col tempo abbiamo sviluppato soluzioni terapeutiche migliori. Nondimeno, una distruzione orizzontale a 360 gradi dell’osso fino all’apice naturalmente renderebbe ancora un caso “disperato”, anche per me.
A volte, si sente dire che la “lancetta dell’orologio gira al contrario”, dalla sostituzione dei denti al loro salvataggio. Percepisce anche lei questa tendenza?
Sì. Ad esempio, per ragioni economiche. Abbiamo appena pubblicato un articolo che dimostra come salvare i denti gravemente compromessi sia meno costoso che sostituirli, sia immediatamente che nel lungo periodo.1,2 Se viene distrutta un’enorme quantità di osso ed è necessario incrementare sia l’osso che i tessuti molli per inserire un impianto, il costo della sostituzione può essere doppio rispetto a quello del salvataggio dei denti esistenti. Ma vi sono altre ragioni per le quali i pazienti preferiscono conservare i propri denti. Alcuni lo trovano olistico e “più naturale”. Altri hanno sentito parlare di perimplantite, e le loro preoccupazioni sono giustificate. Nei pazienti parodontalmente compromessi, il rischio di perimplantite è alto.
Buone notizie per i parodontologi?
Beh, c’è più domanda da parte dei pazienti, ma la competenza dei medici è sempre meno. Alcuni esperti e ricercatori potrebbero riportare alla ribalta la competenza parodontale, e questo sarebbe utile.
Lei ha eseguito uno studio clinico randomizzato su una serie di “casi disperati”. 25 denti senza speranza sono stati sostituiti con impianti e 25 sono stati trattati con un approccio rigenerativo. Quanti di loro sono sopravvissuti?
23 su 25. Erano denti con lesioni croniche endoparodontali e/o una perdita di attacco fino all’apice o più. Dopo 5 anni, la loro prognosi si era trasformata da “disperata” a “buona”. All’osservazione dopo dieci anni, alcuni pazienti avevano rinunciato e un dente era sta- to perso.1, 2
Solo uno?
Dr. Cortellini (sorride): Sì. Era una nonna che è stata presa a calci dal suo nipotino. Ha perso tre denti, e uno di questi era incluso nel nostro studio.
Questa percentuale elevata di casi “disperati” salvati potrebbe essere ottenuta anche con altri studi dentistici? O la sua esperienza con le procedure GTR è più predicibile?
Diversi fattori sono fondamentali: la competenza sicuramente, ma anche un team multidisciplinare che comprende endodonzisti, igienisti, parodontologi e protesisti. Tuttavia, il fattore più importante è la selezione dei pazienti. Non si può ottenere un risultato predicibile in un paziente con una cattiva igiene orale o in fumatori o in pazienti con diabete non controllato. E la selezione dei pazienti include anche la scelta della giusta configurazione del difetto (difetti ossei verticali di una certa profondità accanto a un dente stabile). Anche questo è importante. Se non possiamo controllare la mobilità dei denti, non possiamo rigenerare l’osso.
Ha notato differenze nella soddisfazione dei pazienti quando si salvano i denti anziché sostituirli?
I risultati riportati dai pazienti per quanto riguarda la salute, l’estetica e la funzionalità sono stati simili in entrambi i gruppi. Ma i pazienti con i denti salvati erano più contenti. La maggior parte dei pazienti a cui è stato messo l’impianto ha affermato che avrebbe preferito mantenere i propri denti.
Oltre a confrontare il salvataggio con la sostituzione, avete anche confrontato i diversi trattamenti possibili per salvare i denti – ad esempio, il debridement a lembo aperto rispetto alla terapia rigenerativa parodontale.3 Cosa ha rivelato questo confronto?
Durante il periodo di osservazione di vent’anni abbiamo perso due denti nel gruppo del debridement a lembo aperto e nessun dente nel gruppo della rigenerazione. Quando si fa debridement a lembo aperto le superfici radicolari vengono pulite dopo l’elevazione del lembo, ma il parodonto non viene rigenerato.
Pertanto, i denti nel gruppo del debridement a lembo aperto avevano tasche residue più profonde dopo il trattamento, e il guadagno a livello di attaccamento clinico è stato inferiore. Abbiamo misurato solo 2,5 mm rispetto ai 5,3 mm del gruppo della rigenerazione. Quindi, questi denti erano più difficili da conservare.
E per quanto riguarda i costi del trattamento, quale approccio è più efficace a lungo termine?
Abbiamo anche analizzato i costi del trattamento in 20 anni.3 L’approccio rigenerativo è certamente all’inizio più costoso rispetto al debridement a lembo aperto. Ma se confrontiamo i costi su 20 anni, il debridement a lembo aperto diventa l’approccio più costoso perché le recidive devono essere trattate.
Assieme a Maurizio Tonetti lei ha sviluppato un algoritmo per decidere come procedere nelle diverse situazioni. Quali trattamenti e materiali sono inclusi?
Le tecniche comprendono solamente il debridement a lembo aperto, i sostituti ossei, le membrane riassorbibili, le membrane a forma stabile e le proteine della matrice dello smalto. Nel 1994 abbiamo pubblicato la prima versione dell’algoritmo, poi lo abbiamo leggermente modificato nel tempo. La versione più recente è contenuta in una pubblicazione della SIdP (Fig. 1). In sostanza, questo è ancora il mio spettro di trattamento, a seconda dell’anatomia e della configurazione del difetto.
Quale sarebbe una svolta nella terapia rigenerativa per i denti? O non c’è bisogno di un’ulteriore svolta?
La possibilità di rigenerare il supporto parodontale nei difetti orizzontali sarebbe certamente una svolta. Non abbiamo la possibilità di trattare i difetti in cui non è presente parete o i cosiddetti difetti orizzontali a 360 gradi. È una condizione che dobbiamo necessariamente accettare. Chiunque offrisse qualcosa di clinicamente applicabile per risolvere questo problema troverebbe un mercato enorme.
Domanda finale: incoraggerebbe i suoi colleghi a salvare più denti anziché sostituirli?
Assolutamente sì. Questa è la mia vera convinzione fin dall’inizio della mia esperienza clinica e di ricerca. E, inoltre, l’idea di salvare i denti anziché sostituirli desta sempre più interesse. Quindi, sono due le alternative per gli odontoiatri che sono riluttanti a salvare i denti: mandare i pazienti da qualcuno che sa farlo o diventare esperti.